Bullismo

«Nessuno di noi ha mai parlato con loro o a loro. Li abbiamo subito accettati come rappresentanti inevitabili del Male. E magari erano degli adolescenti e degli adolescenti che non sapevano nulla di nulla, e si sono gettati a capofitto nell’orrenda avventura per semplice  disperazione».

Pier Paolo Pasolini

La cultura produce codici, i codici producono il comportamento e il comportamento è un linguaggio. Viviamo in una cultura del benessere fittizio, del consumismo più sfrenato, della performance e del no – limits, dell’edonismo irrefrenabile, della spettacolarizzazione dei mass –media, di relazioni usa e getta che devono soddisfare i bisogni istantanei.

Questo tipo di cultura non è narrato o descritto ma è rappresentato: è la potenza dell’immagine. Il nuovo comandamento è: “posso essere solo se appaio” (ecco perché i filmati su internet hanno questa potenza di attrazione). Questa nostra cultura della “felicità rappresentata e assicurata” in realtà è una cultura del disagio, una cultura schizofrenica che mentre dà le tecniche per essere sempre più felici e soddisfatti non fa altro che creare ulteriori bisogni e un’incolmabile insoddisfazione.



Diviene perciò essenziale rileggere i comportamenti dei singoli e dei gruppi all’interno di questa società per capire che cosa questo linguaggio delirante vuole comunicare. Il disagio mette a disagio, per tale motivo se una volta i pazzi venivano caricati sulle navi e mandati per mare, in epoca più recente rinchiusi nei manicomi ora si creano categorie vuote, come è quella di bullismo, che non servono ad andare all’origine di un fenomeno, di una situazione ma solo a pacificare le addomesticate coscienze della società adulta che nel discutere di bullismo in realtà tende a esorcizzare, allontanare un bullismo presente a ogni livello della società. C’è una specie di “bullismo sociale”, dalla politica all’economia, alla scuola, alla tv, che ci fa star male.

«I vari casi di criminalità che riempiono apocalitticamente la cronaca dei giornali e la nostra coscienza abbastanza atterrita, non sono casi: sono, evidentemente, casi estremi di un modo di essere criminale diffuso e profondo: un modo di essere di massa» (Pier Paolo Pasolini)

Il bullismo non esiste se non come effetto di un modello di violenza rappresentato nella e dalla società. Tutti gli esperti – dagli psicologi, ai pedagogisti, alla polizia di stato, al ministero – ci hanno riempito di tecniche su come combattere, sconfiggere, prevenire il bullismo. Consigli utili indubbiamente, che però non indagano la possibile e complessa origine di tale fenomeno. La vera sfida educativa, come adulti ognuno nel ruolo che gli compete, è quella di ricercare il senso di tali atteggiamenti. Dobbiamo stare con i ragazzi, incontrarli, parlare con loro e ascoltarli perché spesso quello che cercano è un senso del loro vivere e del loro agire. Quando questo senso viene meno, quando non si incontra in una sana relazione positiva o si incanala dentro modelli che parlano solo alla pancia dei ragazzi allora il disagio assume le forme dell’aggressione verso gli altri e verso se stessi.

I ragazzi ci sono, sono cambiati e stanno cambiando perché gli adulti stanno cambiando. Solo se gli adulti ritroveranno un senso umano del vivere e dell’agire ci potrà essere una società più bella e meno bulla, dove i conflitti aiutino a crescere e non sfocino in una violenza senza senso.

Ho sentito che non volete imparare niente.
Deduco: siete milionari.
Il vostro futuro è assicurato – esso è
davanti a voi in piena luce. I vostri genitori
hanno fatto sì che i vostri piedi
non urtino nessuna pietra. Allora non devi
imparare niente. Così come sei
puoi rimanere.

E se, nonostante ciò, ci sono delle difficoltà, dato che i tempi,
come ho sentito, sono insicuri
hai i tuoi capi che ti dicono esattamente
ciò che devi fare affinché stiate bene.
Essi hanno letto i libri di quelli
che sanno le verità
che hanno validità in tutti i tempi
e le ricette che aiutano sempre.

Dato che ci sono così tanti che pensano per te
non devi muovere un dito.
Però, se non fosse così
allora dovresti studiare.

Bertolt Brecht

«quando si parla di minori, e quando si parla degli interventi, si pensa solo al bene. Io continuo a pensare che questo bene ci sia, che associazioni del terzo settore, istituzioni, non sono certo prevenute, anzi. Ma penso, che occorre guardare con occhio critico agli interventi verso ogni classe debole che viene a essere categorizzata nel modo che ho descritto; vale oggi per il minore non accompagnato, domani per il bullo che non è una fascia debole ma che è una categoria vuota, o per le baby gang e via dicendo. Contenitori di comportamenti che spesso sono solo dei contenitori: istituiscono categorie, apparati, procedure, anche repressione ed esclusione. In questo circolo, mi interessa non chi opera con intenzioni negative, ma il paradosso di chi vuole aiutare, con buone intenzioni e che probabilmente non guarda oltre, con lungimiranza. Che non si rende conto di un effetto boomerang su questi stessi ragazzi.» (Gabriella Petti)